Il popolo ucraino oramai, attraverso la sua tragedia si è traferito nella nostra mente, nei nostri sguardi, nel nostro cuore e la vicinanza cresce di giorno in giorno, di ora in ora. Mentre guardo con dolore e rabbia le scene di una guerra assurda, imposta da Putin a tutti, quelli individuati come nemici così come ai suoi stessi concittadini, mi chiedo quali siano le colpe, gli errori, le trasgressioni commesse dal popolo ucraino, che possano giustificare questo accanimento, questa violenza, questa crudeltà operata su civili, donne, bambini, anziani, operatori sanitari, malati, invalidi, con feroce cinismo, che ci riporta con la mente a momenti storici, che cerchiamo da anni di dimenticare e che oggi ritornano attraverso le immagini e i racconti in diretta di questa guerra.
La mia è ingenuità o un tentativo di nascondere la verità, mediante “L’arte di mentire a sé stessi e agli altri” come descrive Giorgio Nardone nel suo libro? “. O piuttosto, la paura per questo drammatico momento mi riporta inconsapevolmente al così detto “autoinganno” di Freud, un meccanismo al quale si ricorre “per nascondere a sé stesso verità e realtà che non avrebbe altrimenti la forza di affrontare”. Eppure la realtà è nei fatti: una aggressione da parte di una storica, grande nazione verso un popolo vicino, che ha origini comuni, con mescolanza di lingua e di sangue. E’ stata concepita e ordinata dal Presidente di un governo oligarchico-militare, che si proclama “amico del popolo” e con lui i suoi “compagni di merenda”, gli oligarchi, che si servono del suo potere per arricchirsi mentre IL POPOLO, descritto come felice e plaudente, viene amorevolmente piegato al “pensiero unico” attraverso vessazioni di vario tipo.
E così giovedì 10 febbraio sono iniziate le esercitazioni militari congiunte di soldati russi e bielorussi, al confine con l’Ucraina, che hanno visto giovani soldati russi in alcuni campi di addestramento e aeroporti bielorussi. Dietro il paravento delle manovre militari circa 100mila soldati russi si muovevano verso i confini dell’Ucraina per continuare le così dette esercitazioni militari, in realtà fase preparatoria al conflitto imminente. E come se non bastasse, per intimorire il mondo intero, abbiamo visto la “esposizione” della famosa scatola che comanda le testate nucleari, quale massimo momento di deterrenza totale e di dimostrazione di forza bruta e cieca da parte di chi altro non sa mostrare. Americani prima e inglesi dopo, hanno riportato su organi di informazione la preoccupazione di una imminente invasione dell’Ucraina, giustificata, a dire dello ZAR da azioni intimidatorie dell’esercito ucraino verso le Repubbliche Popolari di Donbass, Donetsk e Lugansk, autoproclamatesi. Il 21 febbraio la Federazione Russa con fredda e lucida premeditazione ha deciso il riconoscimento delle repubbliche separatiste, dichiarando che «l’Ucraina non è un’entità nazionale fondata su un passato storico autonomo, ma è parte della storia e della sovranità della Russia», motivo sufficiente perché nelle prime ore del mattino del 24 Febbraio, iniziasse l’operazione militare nel Donbass e così la invasione dell’Ucraina. Una rappresentazione già vista altre volte, nella quale ciò che avviene è il risultato di quanto deciso tempo prima e poi realizzato attraverso una serie di eventi causali, sulla spinta di un pensiero di stampo imperialistico, che probabilmente intende riprogrammare la storia con lo sguardo alla “Unione delle Repubbliche socialiste sovietiche”, un insieme di 15 stati esistenti fino al 25 dicembre 1991, allorquando il presidente dell’URSS, Michail Gorbačëv, annunciò in televisione le dimissioni e, con esse, la scomparsa della storica URSS. Questo, evento considerato da Vladimir Putin “la più grande catastrofe del XX secolo” ha da sempre influenzato il disegno politico di Putin e al tempo stesso, alimenta il timore dell’Occidente. Ma perché la Russia intende attuare oggi questo disegno di avanzamento verso il territorio dell’Occidente? Personalmente ritengo che la tempistica sia nata da una valutazione negativa del momento politico e militare della NATO e in particolare dell’America, coincidente con il ritiro delle truppe americane dall’Afganistan e la conseguente percezione di debolezza del Presidente Biden, costretto a ridurre le spese militari derivanti dalla loro presenza all’estero e nel contempo a contrastare le problematiche di politica interna in vista delle elezioni di “midterm”, che si terranno il prossimo novembre. Per chi è utile questa guerra? Per Putin che deve riemergere dalle contestazioni giornaliere del suo popolo?; Per Biden che deve risalire nel consenso popolare?; per l’Occidente che sta trovando finalmente quella unità politica e militare da sempre inseguita?; per la Turchia, che ha fino ad ora intrattenuto buone relazioni con entrambi i paesi, oggi in una posizione difficile; per la Cina in equilibrio tra il potente “vicino” la Russia e la esigenza di mantenere buoni rapporti con l’Occidente per attuare il progetto della Nuova via della seta attraverso l’Ucraina porta previlegiata di accesso per l’Europa. E così la Cina, con l’equilibrismo di sempre, alla fine abbraccia la narrazione di Putin, secondo la quale la colpa è di NATO e USA, ma fa intendere anche che desidera una permanenza dello status quo per quanto attiene l’Ucraina.
Fatta questa personale disamina sui pro e contro di ciascuno dei potenti interessati in questa drammatica storia, resta l’amara, triste, inaccettabile considerazione del perché il popolo ucraino debba di fatto pagare le contraddizioni tra tanti attori, di cui molti nascosti e pronti ad uscire allo scoperto quando tutto sarà finito (e lo speriamo perché sarebbe la soluzione salvifica per il nostro mondo). Perché una guerra così terribile verso uno stato sovrano per ristabilire equilibri tra territori? Perché negare a tanti bambini il sorriso e le carezze di mamma e papà, il diritto di sognare e il piacere di realizzare un futuro fatto di serenità, di gioia, di benessere, di studio, di lavoro? Solamente per la follia e il desiderio di potere della Russia, il cui popolo condivide con molti ucraini lingua, genia e in parte anche il credo religioso. L’Ucraina è uno Stato multietnico, che era riuscito a trovare, con l’elezione a Presidente di Zelensky nel 2019, un equilibrio costruito sul desiderio di crescita, di indipendenza, di unità, di ideali comuni e democratici. Ciò che sta avvenendo è ben descritto in una lettera dalla moglie del Presidente ucraino, Zelenska: “Quello che è successo poco più di una settimana fa era impossibile da credere. Il nostro paese era pacifico; le nostre città, paesi e villaggi erano pieni di vita. Il 24 febbraio ci siamo svegliati tutti con l’annuncio di un’invasione russa. I carri armati hanno attraversato il confine ucraino, gli aerei sono entrati nel nostro spazio aereo, i lanciamissili hanno circondato le nostre città”. E nelle parole successive si avverte tutto il dramma che sta vivendo questo paese: “I primi nati della guerra, hanno visto il soffitto di cemento di un sotterraneo, il loro primo respiro è stata l’aria acre del tunnel della metropolitana e sono stati accolti da una comunità intrappolata e terrorizzata”.
Con l’invio ingannevole di giovani militari inconsapevoli, è iniziata l’ “operazione militare speciale” per “demilitarizzare” e “denazificare” la nazione ucraina confinante, che dopo pochi giorni, si è trasformata in una guerra terrificante, da far chiudere gli occhi di fronte allo scorrere di immagini crudeli e indimenticabili, che continuano a comparire ogni minuto su social, video, in televisione, perché, come scrive Zelenska: “Putin, pensava che avrebbe scatenato una guerra lampo contro l’Ucraina. Ma ha sottovalutato il nostro paese, la nostra gente e il loro patriottismo”. E’ stato subito chiaro che il Presidente-Zar russo non voleva solamente assicurarsi il controllo delle Repubbliche dichiaratesi autonome. Il numero di soldati dislocati ( oltre 100mila), incrementato da mercenari, le colonne di carrarmati in cammino, l’enorme supporto logistico messo in campo (poco efficiente), l’azione martellante dell’aviazione con bombe sganciate per ore su città, obiettivi militari, scuole e poi civili abitazioni, ospedali anche quelli pediatrici, hanno fatto capire che l’obiettivo del Cremlino andava al di là della conquista dell’Ucraina, mirava alla resa di Zelensky. E siamo così al 14° giorno di questa follia bellica; le forze russe pian piano si sono avvicinate alla città di Leopoli, lanciando missili sulla stessa città, a pochi chilometri dalla frontiera, oltre la quale inizia la zona di paesi con contingenti USA facenti parte della NATO, come rappresentato nell’immagine: La NATO e i paesi europei, prodotta dall’INSPI. Aumenta notevolmente la fuga dei cittadini ucraini verso l’occidente e l’ONU stima che, dopo queste due settimane di guerra, sarebbero già 6-7 milioni gli ucraini in fuga dal paese, diretti principalmente in Polonia e verso le altre nazioni confinanti. Alcuni hanno camminato miglia e miglia nella notte, altri sono fuggiti con ogni mezzo disponibile, cercando di evitare l’incanalamento forzato in corridoi umanitari diretti in Russia e Bielorussia: una deportazione con asservimento ai vincitori. La marea di ucraini in fuga è costituita principalmente da donne, bambini e anziani mentre gli uomini in età militare dai 18 ai 60 anni, hanno rispettato il divieto imposto dal presidente Zelensky, che li ha esortati a rimanere per difendere i propri territori. E’ iniziata così una sorprendente, amorevole gara di solidarietà umana tra Polonia, Romania, Ungheria, Slovacchia nell’accoglienza dei fuggitivi e la messa in atto di facilitazioni nelle procedure di espatrio con donazione alle frontiere di abiti, cibo caldo, caffè e altre cibarie. Attraverso la rapida costruzione di check point con medici, infermieri, medicinali è stata assicurata assistenza sanitaria e amorevole conforto; altrettanto dicasi per la piccola Moldavia, preoccupata di non poter fare oltre. Frattanto la macchina della solidarietà si è messa in moto e il Parlamento Europeo ha approvato, con una rapidità e collegialità mai prima vista, un sistema di quote per la redistribuzione dei profughi insieme al riconoscimento per l’Ucraina dello status di paese a rischio con facilitazioni per l’espatrio, uno stanziamento per affrontare l’emergenza, apertura di centri vaccinali e invio in abitazioni, in alberghi, scuole e centri di accoglienza statali e religiosi ecc. nei vari paesi europei. Ovviamente tutta questa operazione è stata accompagnata dal sostegno strutturale ed economico di ciascun paese oltre che dal cuore e dalla generosità dei propri cittadini. Frattanto la guerra di occupazione prosegue, anche durante gli incontri bilaterali tra ucraini e russi, momenti, che di norma dovrebbero interrompere le fasi belliche. Ma Putin e i suoi fedeli generali, ben consapevoli della forza aerea russa incontrastata e distruttiva, hanno imposto una strategia che prevede momenti di speranza, affidati ad inutili colloqui e il perdurare di assurdi e violenti bombardamenti, che mirano a distruggere strutture ma ancor più la morale dei combattenti ucraini e la forza di questo popolo di opporsi con qualsiasi mezzo. Le giornate scorrono e così pure le immagini della follia umana di Putin, che chiede oggi la sottomissione dell’Ucraina domani, guardando la bandiera dei Romanoff, dovrà risorgere l’Impero con il nuovo ZAR. E la deportazione di civili ucraini ne da conferma. Ricordiamoci però che Putin non rappresenta il popolo russo, che per la maggior parte non conosce tutta la sua disperazione umana, che lo porta a non considerare in alcun modo il valore della vita, del dialogo, dell’incontro. Per lo Zar la forza, la potenza distruttiva, la sottomissione, sono gli unici elementi espressivi del valore dell’uomo, soldato sempre.
Putin nella sua onnipotenza si ritiene legittimato all’utilizzo della forza anche estrema, dai pericoli più volte raccontati, vere menzogne che ripete anche nello show preparato nello stadio di Mosca, di fronte ad una folla sorridente, plaudente, con bandiere russe al vento, unite nella sublimazione del nuovo dittatore da canti patriottici, inno nazionale e banda musicale. Uno scenario di delirio di onnipotenza, orchestrato dal politburo, che ricorda le oceaniche adunate di tempi ancora vicini, la cui storia sembra potersi ripetere con l’inversione di marcia di eserciti e l’aggiunta di una tremenda scatola, che racchiude la forza della tirannide.
A questo punto penso sia inutile cercare di capire a chi appartengano le colpe, se allo schieramento russo che avrebbe inteso così reagire all’accerchiamento della Nato o alla NATO, che non ha saputo prevenire questa situazione; è molto probabile che la responsabilità possa essere di entrambi. E’ l’Ucraina però che sta pagando il prezzo più caro in termini di vite umane, di distruzione, di possibile perdita dell’identità nazionale e individuale. Per noi il futuro immediato sarà segnato da grandi incertezze economiche, da restrizioni di vario tipo, decise per indebolire la Russia ma con effetto rebound su di noi. Sarebbe stato necessario da tempo mettere in campo un’azione dello Stato per cercare di ottimizzare l’impiego dell’energia elettrica, del gas, della benzina; bisognerà infatti che tutti dimostrino maturità e volontà per una politica di riduzione dei consumi, in particolare quelli energetici, per favorire la tenuta economica e l’azione depauperante le risorse monetarie della Russia. Frattanto non dobbiamo dimenticare l’incremento dei contagi con la comparsa della variante Omicron 2 e 3 e i rischi sanitari che potrebbero accompagnarsi a questa grande emigrazione del popolo ucraino, che ad oggi vede in Italia la presenza di 50.000 profughi. Vorrei terminare con le parole di Papa Francesco “In nome di Dio fermate questo massacro. Davanti alla barbarie della uccisione di bambini, di innocenti e di civili inermi c’è solo da cessare l’inaccettabile aggressione armata prima che riduca le città a cimiteri”.
*L’autore è il Presidente dell’Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri della provincia di Salerno