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Home CULTURA & SOCIETÀ Scaffale libri

La Massoneria ischitana nel Codice dell’Acquavitaro

Un pregevole lavoro di scavo della bibliotecaria Lucia Annicelli proietta un potente fascio di luce su una delle prime Logge partenopee

di Rosaria Fortuna
26 Marzo 2022
in Scaffale libri, CULTURA & SOCIETÀ
Tempo di lettura: 3 minuti
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La Massoneria ischitana nel Codice dell'Acquavitaro
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Esiste un’Associazione che prende il nome di Massoneria, un’associazione che ha assunto i connotati, almeno ai nostri occhi di contemporanei, dell’associazione a delinquere, perché il suo muoversi sullo sfondo e nei gangli vitali di qualsivoglia sistema politico, e di qualsivoglia paese, a partire dal momento in cui fu istituita, l’ha resa temibile e oscura al punto che pure la Spectre, famigerata società del male, negli 007 di Fleming sembra essere la Massoneria, soprattutto negli 007 cinematografici che hanno, un James Bond, con le fattezze e il corpo di Daniel Craig. In Italia, in particolare, la Massoneria, ha assunto i contorni minacciosi e asfissianti della P2, loggia massonica che vedeva in Licio Gelli il gran ciambellano, anche se il capo in pectore della P2 si riteneva fosse Giulio Andreotti, in merito Luigi Malerba gli scrisse una lettera dal titolo “Il romanzo di Belzebù”, lettera nella quale lo scrittore invitava un Andreotti ormai vecchio, e sotto inchiesta, a liberarsi di tutti i suoi misteri, se mai scrivendo un libro. «Da molti anni, in margine ai suoi impegni politici, lei dedica qualche brano di tempo alla scrittura.  Libri per ricordare i suoi incontri con rinomati personaggi visti da vicino, note ritocchino e articoli sulla stampa periodica. […] Lei è oggi nella propizia condizione di scrivere un grande libro è ottenere così  non tanto dei discutibili riconoscimenti letterari, ma il plauso degli italiani politicamente più  consapevoli che ogni governo riaffiorare sui giornali i misteri di mezzo secolo di storia.» Andreotti non scrisse nulla, sbagliando, a quel punto sarebbe stato utile capire come si fosse giunti a ciò, e cioè a percepire la Massoneria come il regno del male, e per questo si rivela utile il bel saggio di Lucia Annicelli, saggio dal titolo “Il Codice Massonico di Ischia”, Stamperia del Valentino editore, un titolo che è un programma, e che è anche la giusta risoluzione per questo modo di guardare alla Massoneria solo in negativo. Lucia Annicelli è la bibliotecaria della Biblioteca Antoniana in Ischia, e come tale è una persona che ha fatto della passione per i libri una missione e un mestiere, un mestiere che la pone in una condizione privilegiata, quella di osservatrice e di nume tutelare di ogni singolo libro a sua disposizione, ed è proprio in virtù di questo che le sue analisi sui libri, analisi volte a riunificare qualsivoglia biblioteca, sono utili, preziose. La sua missione assume i contorni della continua ricerca, e di un modo di interrogare i libri tutt’altro che banale, al punto da mettersi a stanare documenti proprio lì dove svolge la sua attività.

La Massoneria ischitana nel Codice dell'AcquavitaroNon è la sola a fare ciò, Pericle Manuzzi, il maggiore studioso della Massoneria Italiana, era anch’egli bibliotecario, e senza il suo apporto della Massoneria si saprebbe poco o niente, dove per Massoneria deve intendersi l’Istituzione non di certo le sue collaterali deviazioni. La Annicelli si è trasformata in una detective, una professione oggi molto di moda, sia nella finzione sia nella realtà, e il colpo che ha messo a segno è stato il ritrovamento del cosiddetto Codice dell’Acquavitaro, un codice risalente alla seconda metà del XVIII, un codice che permette di fare luce su quella che fu la prima loggia speculativa napoletana e su i suoi rapporti con le altre logge in Europa. La Annicelli con il suo lavoro ricolloca il grande libro della Massoneria non solo nella sua biblioteca,  l’Antonelliana, dove l’aveva posto Onofrio Buonocore, fondatore dell’Antoniana, ma lo ricolloca nella biblioteca di ognuno di noi, perché riporta la Massoneria nella realtà, spogliandola di tutto ciò che per noi la Massoneria rappresenta, e che la Annicelli ci dice non essere esatto, come mai possono essere esatti i libri che affrontano un argomento solo inseguendone  il lato oscuro. Del resto il ritrovamento di questo documento, documento che si compone di due parti, è un enigma. La rilegatura novecentesca dei due volumi fu fatta proprio dal Buonocore per impedire che il Fascismo potesse distruggerli i volumi. Il primo volume il “De rerum natura” di Lucrezio, fa da scudo e da nascondiglio al secondo. Lucrezio con il suo “De rerum natura” protegge e accoglie il Codice dell’Acquavitaro. Entrambi i libri erano ritenuti “pericolosi”. Il “De Rerum Natura” è  quello volgarizzato dal toscano Alessandro Marchetti, nel 1699, e di cui per cinquant’anni fu proibita la pubblicazione. «Il secondo volume raccoglie una serie di documenti sulla fase iniziale della diffusione della Fratellanza: amministrazione del Quadro di Loggia utilizzato dai Fratelli, seguono il Regolamento di una loggia Massonica, il rituale di iniziazione e una breve storia delle “officine” napoletane.» La Annicelli cerca di ricostruire fili, di dare risposte, avanzando ipotesi, mentre apre piste di ricerca che pongono Ischia in un circuito fitto di connessioni culturali europee. Un thriller quasi che molto ricorda il “Nome della Rosa” di Eco, per il modo di procedere e per questa grande guerra che i libri debbono ingaggiare con il mondo in cui vengono concepiti, per farsi messaggio utile per chi li leggerà poi. Di certo dopo avere letto la Annicelli sarà più difficile parlare, e scrivere, di Massoneria senza tenere conto del contesto, e senza tenere conto di come gli uomini amino aggregarsi secondo le proprie inclinazioni, per perseguire il potere da vivi, cosa che non sempre è necessariamente una colpa.

Tranne nel caso di Belzebù.

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