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Home CULTURA & SOCIETÀ Scaffale libri

Von Keyserling, il declino dell’aristocrazia europea

"La sera sulle case", ristampato di recente, è un libro amabile da leggere e dalla scrittura elegante e essenziale

di Salvatore Marrazzo
5 Aprile 2022
in Scaffale libri, CULTURA & SOCIETÀ
Tempo di lettura: 4 minuti
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Von Keyserling, il declino dell'aristocrazia europea
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“Mah, vede,” continuò il conte, “la Russia è terribilmente grande, c’è troppo spazio, e quando uno meno se lo aspetta ecco che si ritrova solo. Si viaggia per giorni e giorni, sempre soli. Quando si è all’interno dei propri possedimenti, i possedimenti altrui sono molto lontani, si va a caccia, e ovunque vi è steppa e nemmeno un’anima viva. Di notte si dorme su un enorme mucchio di fieno, tutt’intorno sterminati spazi e silenzi, sopra la testa il cielo… Insomma, si finisce per sentirsi a propria volta vasti e vuoti come una grande, grande bolla. Ecco perché le signore sono necessarie, perché il mondo attorno ritorni a essere stretto e caldo.” Eduard von Keyserling, La sera sulle case, L’orma editore, pagg. 202. Un libro amabile da leggere, dalla scrittura elegante, raffinata, sobria, essenziale. Si è al cospetto di un autore, di un maestro del primo Novecento. E di questo siamo grati alla casa editrice che lo propone in questa bella veste grafica. Un aristocratico paragonato a Turgenev e Fontane, che è pubblicato in importanti riviste dell’epoca dove si possono incrociare contributi di autori come Hugo von Hofmannsthal, Hermann Hesse, Henrik Ibsen, Schnitzler e Thomas Mann.

Von Keyserling, il declino dell'aristocrazia europeaIl romanzo La sera sulle case, come ci spiega il curatore del libro Giovanni Tateo nella postfazione, esce pochi mesi prima dello scoppio della prima guerra mondiale e fa parte di quella serie delle cosiddette “storie del castello” che l’autore inaugurava all’inizio del secolo scorso con i romanzi La Kersta dei soldati e Il padiglione cinese o con l’altro titolo Un nobile adulterio. Lo scenario di questo libro seducente e, osando, profumato ma non lezioso, – abitazioni, giardini, parchi, foreste, donne, tutto è addobbato, ornato, bardato di fiori, tulipani, narcisi, viole, giacinti, rose Gloire de Dijon – o amabilmente manierato di un ecologismo ante litteram e di paesaggi innevati mozzafiato, è quello baltico, estremo lembo di confine dell’Impero russo, dove un’aristocrazia terriera chiusa in un riservato isolamento segna l’altro e più ingente limite: la distanza dal mondo reale. Una nobiltà, in pratica, che sta morendo, ma che resiste ancora imperterrita. Una casta moribonda che di lì a poco perderà i suoi privilegi, il suo antico ordine, ma che ancora si sostiene, si puntella, e si rafforza con una certa nonchalance, come se nulla potesse scalfirla, come se quella fosse la disposizione eterna, la legge cui doversi umilmente o superbamente sottomettere.  A prevalere, come scrive il curatore, è l’implacabile legge del castello, – in altre parole queste altere residenze nobiliari che fanno da ambiente al libro – che regola il complesso dei dispositivi culturali di difesa, funzionanti in modo automatico perché conformanti a modelli perfettamente interiorizzati, capaci di neutralizzare ed eliminare tutto ciò che minacci di destabilizzare l’ordine stabilito dalla tradizione. Eduard von Keyserling è autore di estrema raffinatezza. Ciò gli permette di condurci e di farci sentire e, grazie alla sua abilità di grande romanziere, quasi di farci toccare quest’atmosfera d’immobilità e di consuetudini, di pratiche e di vezzi in cui vive un’aristocrazia ormai fuori dalla storia, che si ostina a sottrarsi a qualsiasi innovazione, mutamento o sovversione, sebbene ne indichi allo stesso tempo, attraverso una precisa descrizione psicologica dei personaggi, un conflitto generazionale tra la gaudente condizione dei padri e la vana ribellione dei figli. Capace di folgoranti ritratti e di leggiadre miniature, ma anche di descrizioni paesaggistiche favolose, Keyserling ci concede un romanzo corale, con sviluppi amorosi, duelli, battute di caccia e cavalcate notturne per calmare i nervi o per sbollire qualche pensiero fuori posto. Sì, perché ogni cosa deve avere la sua forma. È sempre una questione di forma. Che sia linguaggio, scrittura o la ferrea disciplina di un’aristocrazia agonizzante, è sempre una questione di forma. C’è un unico rimedio: la notte d’inverno. Quella sera che cade sulle cose degli uomini e ne disegna il destino o ne attesta l’attesa. Nel parco le bianche cime degli alberi erano cariche di grandi stelle chiarissime, nell’aria limpida, sopra la coltre di neve scricchiolante, c’era una stupenda aura di mistero e riposava una sorta di festosa attesa, si rimaneva lì in silenzio e adornati, pronti ad accogliere le gioie venture. La giovane baronessa Fastrade von der Warthe torna nel castello di famiglia dopo averlo abbandonato per seguire il suo amore. Un insignificante precettore che morendo segna anche il destino della giovane e audace baronessa che decide così di far ritorno per accudire il padre, il barone Siegwarth von der Warthe, signore di Paduren. Ritrova così se stessa ma soprattutto gli scenari innevati del Baltico, ma anche l’atmosfera d’immutabilità e, forse, di assurdo, che aveva dimenticato. Dio mio, pensò Fastrade, qui si vive come se da un momento all’altro dovessimo svegliarci, e solo allora cominciare a confrontarci con la realtà. La baronessa Fastrade conoscerà il famigerato Dietz von Egloff, inquieto rampollo e donnaiolo, che sperpera al tavolo da gioco denaro e foreste del proprio casato. Pare sia il suo modo di sentirsi vivo in quel ristagno innevato di morte e gelo. Ne nascerà uno strano amore. Avversato dal barone von der Warthe ma lasciato libero di svilupparsi. Ormai il barone è malato e affida alla figlia la gestione delle proprietà. Insomma, tra ricevimenti e visite che si susseguono con i proprietari di altri castelli confinanti emergono altre figure di rilievo. Tutte a confermare quella potente immobilità e quel conflitto latente tra modelli di pensiero che si evolverà nel più rigoroso e rilevante conflitto che sarà la lotta di classe. Quando Keyserling detta questo libro, ormai è completamento cieco, si è alla vigilia della prima guerra mondiale. E tutta la tragedia deve ancora accadere. Keyserling nato nel 1855 muore nel 1918.

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Salvatore Marrazzo

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