PAGANI – Avevano il controllo totale di una zona del quartiere Lamia, dove avevano allestito la loro piazza di spaccio. Una piccola Gomorra è stata sgominata all’alba a Pagani dai carabinieri del reparto territoriale di Nocera Inferiore, che hanno eseguito 11 ordinanze di custodia cautelare (6 in carcere e 5 agli arresti domiciliari). I militari hanno anche eseguito 17 perquisizioni domiciliari e personali nei confronti dei partecipanti al sodalizio criminale. Tra gli indagati anche due minorenni e tre nati nel 1999. Tra le persone coinvolte risultano il figlio di un boss defunto (ritenuto promotore e organizzatore dell’associazione) e un uomo ritenuto vicino al clan Fezza-Petrosino. Le indagini, coordinate inizialmente dalla Procura di Nocera Inferiore e successivamente dalla Dda di Salerno hanno preso il via all’inizio del 2017 e, in appena sei mesi, hanno permesso di documentare 92 episodi di spaccio di cocaina, crack e marijuana. La base operativa del gruppo era via Matteotti a Pagani, zona controllata con vedette per monitorare l’eventuale arrivo delle forze dell’ordine. Le comunicazioni del gruppo, inoltre, avvenivano con un linguaggio gergale. L’attività di spaccio iniziava ogni giorno intorno alle 16 e proseguiva fino alle 5 del mattino. “Prima avveniva la consegna del denaro, poi l’acquirente attendeva che gli veniva portata la sostanza stupefacente”, ha spiegato il procuratore facente funzioni Luca Masini, evidenziando l’organizzazione che si era data il gruppo criminale. “La droga veniva nascosta in anfratti nei pressi di alcuni cortili – ha proseguito il magistrato -, e non doveva mai essere sulla persona o nell’abitazione”. Il sodalizio criminale, inoltre, pur sospettando di essere controllato, aveva continuato la propria attività. In una circostanza, come spiegato dal sostituto procuratore della Dda, Vincenzo Senatore, “era stata distrutta una delle telecamere installate dalle forze dell’ordine per monitorare quanto avveniva nel quartiere Lamia”. Durante le perquisizioni i carabinieri hanno rinvenuto anche cospicue somme di denaro in contanti (tra i 4000 e i 6000 euro) che, secondo gli investigatori, rappresenterebbero un ulteriore elemento di riscontro dell’attività di spaccio.