Con i tempi che corrono, vedersi offrire gratis vino e latte, come proclama il profeta Isaia nella prima lettura, é una proposta da accettare ad ogni costo; del resto, latte e vino sono simboli dei frutti della Terra Promessa, il Regno dei Cieli, tutto da guadagnare. Lo sperimenta Paolo. Dopo decenni di traversie, egli conclude che niente e nessuno lo può separare dall’amore di Dio: infatti, ha bevuto, rafforzandosi, il latte ricevuto gratuitamente, si é inebriato di quel vino, il migliore. Come e dove avviene tutto questo? Quale é il luogo e la circostanza? Il Vangelo risponde proponendoci l’episodio della moltiplicazione dei pani descrivendo una situazione molto simile all’attuale. Anche noi siamo in un deserto, l’aridità del quotidiano, fatto di preoccupazioni e delusioni, increduli evidenziamo problemi per i quali non ci sarebbe soluzione. Nonostante ciò, Gesù continua ad operare e concede nuove opportunità, moltiplica i doni perché tutti si possano saziare. Il pane nelle ceste è raccontato per sei volte dagli evangelisti, promessa e profezia del Regno di Dio. Gesù ha bisogno di solitudine per riflettere sulla notizia dell’assassinio di Giovanni Battista perpetrato dalla vile codardia di Erode. Si ritira sul monte a pregare, ma a rompere quel silenzio di meditazione è la folla che lo ha seguito. La vede, prova compassione e non riesce a controllare il suo irrefrenabile bisogno di operare; mosso dalla compassione, inizia a curare. Queste azioni aiutano a scoprire il mistero del suo animo, i sentimenti predominanti nel suo io più profondo. Vede la folla ed è capace di osservare i singoli e cogliere i loro bisogni. Egli prova dolore per il dolore dell’uomo e cambia i suoi programmi immergendosi nel tumulto scomposto di una massa che lo risucchia nel vortice delle sue sofferenze. Così egli annunzia il suo vangelo di salvezza: nostro tesoro è la compassione di Dio! È tardi e la gente deve mangiare in un deserto; Gesù raccoglie ed alimenta perché una religione che non si preoccupa anche della fame è sterile. Per fare ciò egli sollecita una catena di mani che si passano cinque pani per poterli egli moltiplicare a sazietà. Insegna che l’uomo deve saper aprire le proprie mani per consentire a Dio di fare il resto, il pugno chiuso sa di minaccia non di compassione. Oggi, noi sappiamo che i problemi della ripartenza dopo la pandemia non sono determinati dalla mancanza di alimenti, ma dagli ostacoli frapposti alla distribuzione. La mortalità per fame non sarà risolta dalle decisioni che si prendono dall’alto: i ricchi non mollano il controllo del loro patrimonio. La soluzione è nella condivisione dei pani distribuendo ciò che si ha. Se non sono sufficienti alimenti, medicine, abitazioni, abbondano invece lavoratori e lavoro; ecco la versione attuale dei cinque pani e dei due pesci. Se rimangono divisi risultano insufficienti, ma messi insieme assommano a sette, il numero della perfezione nel contesto biblico che sollecita la compassione materna di Dio ad operare il miracolo.
L’episodio avviene in un deserto, tra una folla estasiata per le parole di Gesù al punto da dimenticare la routine giornaliera. L’evangelista cita un particolare del quale é testimone oculare per ricordare che quanto avviene con la moltiplicazione é a portata di mano per tutti. Infatti, nel testo Matteo afferma che, prima di procedere a sfamare la folla, “alzati gli occhi al cielo, pronunziò la benedizione, spezzò i pani e li diede ai discepoli…” Sono gli stessi gesti dell’ultima cena, quando Gesù istituisce l’Eucarestia. Perciò, il nostro incontro domenicale con chi gratuitamente distribuisce i doni di salvezza illumina la nostra vita, nonostante il deserto.