Processo per la morte della 17enne cavese Lucia Ferrara, in aula le accuse dei genitori agli imputati. Alla sbarra – accusati di omicidio colposo – Enrico Coscioni, primario di cardiochirurgia d’elezione al Ruggi d’Aragona, e il collega Antonio Longobardi. Entrambi sono difesi dal penalista Gaetano Pastore.

L’escussione dei familiari – davanti al giudice monocratico Giuseppe Ferruccio della I Sezione penale del tribunale di Salerno – si è consumata in un’atmosfera di grande emozione, non priva di momenti tesi. Per i genitori della ragazza, individuati come persone offese, la vittima non aveva gravi problemi di salute. Al punto da svolgere attività fisica, senza particolari limitazioni, rispetto alla sua patologia. Lucia Ferrara era affetta da insufficienza mitralica severa da prolasso del lembo anteriore. Nell’agosto 2019, la 17enne fu trasferita d’urgenza al Ruggi dall’ospedale Santa Maria dell’Olmo. Ricoverata in cardiochirurgia d’elezione il 20 agosto, con diagnosi di scompenso cardiaco, 9 giorni dopo fu operata. L’intervento era stato programmato. Rimasta quattro ore sotto i ferri, fu quindi condotta in terapia intensiva. Quattro giorni dopo, furono costretti a riportarla in sala operatoria. Stavolta, però, non ne uscì viva. Per il referto, a causare la morte fu una «acuta insufficienza cardio-circolatoria secondaria a shock cardiogeno prodotto da ischemia acuta quale conseguenza della procedura di “plastica della valvola” mitralica».
Secondo i genitori – assistiti dai legali Domenico Avagliano e Mario Della Porta – Coscioni avrebbe definito il primo intervento «un’operazione di routine». Il primario, in sostanza, avrebbe rappresentato l’assenza di rischi. I consulenti tecnici della famiglia, invece, sostengono la tesi dell’errore medico. E comunque, non ritengono che l’operazione fosse urgente. Per i legali dei genitori, «poteva non essere fatta, non doveva andare così, e si evidenziano responsabilità marchiane dell’equipe medica». Tutti addebiti respinti dagli imputati, che rivendicano la correttezza delle procedure. Il pm Mafalda Cioncada contesta ai due chirurghi di aver «omesso, nonostante i giorni di degenza e l’assenza di urgenza clinica dell’intervento, di effettuare opportuna indagine strumentale». Ovvero «una Cardiotac, per una valutazione anatomica delle arterie coronariche». Un esame considerato dalla procura di Salerno «fondamentale per pianificare un trattamento personalizzato, in base alle caratteristiche cliniche, strumentali e alle tabelle di rischio». Tale condotta configurerebbe «negligenza, imperizia ed imprudenza».
Il mese scorso Coscioni, presidente dell’Agenas, è stato condannato in appello a due anni di reclusione (pena sospesa), per un’altra vicenda, relativa al ruolo di consigliere per la sanità del governatore De Luca. L’accusa è di violenza privata tentata e continuata, aggravata dall’abuso di potere: si riferisce a presunte pressioni a tre manager della sanità, nel 2015, per farli dimettere.
(Dal Quotidiano del Sud di Salerno in edicola oggi)