Enrica Mormile, Il viale dei cancelli, Albatros, Roma, 2019
Succede spesso, nella giallistica italiana contemporanea, di ambientare romanzi in città, vere o immaginarie, del Sud Italia: Vigata di Montalbano, Napoli di Ricciardi, Matera di Tataranni. Succede poi che le indagini e i misteri da risolvere siano gestiti da detective non di mestiere: avvocati, assistenti sociali, giornalisti. E infine, succede che il giallo abbia anche un suo rilevante taglio ‘storico’ nella costruzione della trama e nello sviluppo degli eventi. Molti di questi ‘ingredienti’ ritornano, ben mescolati, nel libro di esordio di Enrica Mormile, Il viale dei cancelli. Il ‘setting’ immaginario è quello di Fontepetra Castronia, “sotto certi aspetti un tipico paesino dell’entroterra siciliana, ma per altri completamente diverso dall’immagine comune e stereotipata di una Sicilia arida e arsa dal sole”.
Il protagonista – subito schedato dalla gente del posto come lo ‘straniero’, un turista di passaggio – si chiama Giacomo Zaga e, per lavoro, fa il giornalista; “una di quelle poche persone fortunate che riescono a dedicare la propria vita a una professione che, da sempre, hanno desiderato fare e la sanno fare bene e con grande passione”. A Fontepetra Zaga ci arriva quasi per caso, con l’intento di dover scrivere una serie di articoli. L’idea è quella di costruire un reportage sui moderni metodi di comunicazione, attraverso i media, e sui cambiamenti che esercitano nei piccoli centri dell’entroterra italiano, specialmente al Sud. In realtà, l’arrivo nel paesino è l’atto finale di una serie di episodi importanti che avevano radicalmente segnato la vita del protagonista: la scelta di licenziarsi dal giornale per una ‘oggettiva’ incompatibilità con il nuovo direttore e la fine della relazione, durata tre anni, con Elisa. In questo piccolo mondo antico – nella geografia immaginaria che segna i capitoli del romanzo tra la casa-pensione della vedova Agata Paternò alle spalle della chiesa di San Michele, la biblioteca comunale dove il giornalista compie le sue ricerche, il Caffè del Municipio dove viene invece egregiamente sfamato da Don Cola, e i luoghi dove compare Bianca, di fatto la co-protagonista – Mormile colloca la cornice della storia (nella storia) che Giacomo Zaga casualmente scopre e indirettamente racconta: “giorno dopo giorno, Giacomo riempiva i suoi quadernetti e da buon giornalista sapeva, in mezzo a tutto quel materiale, quali erano le informazioni preziose da conservare, che poi, come tante piccole tessere di un mosaico, gli avrebbero permesso di comporre il grande quadro della vita di Fontepetra”.
Il viale dei Cancelli si sviluppa così ben costruito su una trama ricca di accadimenti imprevisti e segnata da misteri a lungo irrisolti; narrazione scossa da frequenti colpi di scena che destabilizzano; dalla scoperta di fatti del passato che, prepotentemente, tornano nel presente e che segnano le vite di molti dei protagonisti. Undici capitoli – intrecciando il filo del giallo, del verosimile e della scrittura diaristica – permettono a Enrica Mormile di accompagnare il lettore verso il “lieto fine” che, come in un cerchio che si chiude alla perfezione, svela la soluzione del romanzo – o del romanzo nel romanzo – là dove la storia aveva avuto inizio.