Si può parlare del sistema di accoglienza delle persone richiedenti asilo e rifugiate in Italia da diversi punti di vista e con obiettivi differenti. Di solito, se ne parla per sostenere la propaganda politica, lo scandalismo, la contrazione delle libertà di movimento e migrazione. Se ne può parlare, però, in altri modi, ad esempio a partire dal punto di vista di chi nel sistema di accoglienza ha vissuto, lavorato, fatto ricerca, organizzato denunce, sostenuto legalmente e moralmente le persone.
È lungo questo secondo versante, alternativo a quello dominante, che si muove il libro “Il sistema di accoglienza in Italia: esperienze, resistenze, segregazione”, pubblicato dall’editore Orthotes, a cura di Gennaro Avallone, ricercatore dell’Università di Salerno.
È un libro che gli stessi autori e autrici definiscono “collettivo e meticcio”, perché è basato sulla partecipazione di diverse persone e realtà associative, dagli attivisti del centro sociale Ex-Opg Je So’ pazzo di Napoli, dell’ASD Atletico Brigante di Benevento e Yasmine Accardo della Campagna Lasciatecientrare agli operatori dei centri di accoglienza Vanna D’Ambrosio, Adele Galdo e Salvatore Casale, dai mediatori culturali Karima Sahbani, Daouda Niang e Pierre Dimitri Meka all’avvocato Rocco Agostino, fino ai ricercatori Alagie Jinkang e Gennaro Avallone.
È un libro con molteplici facce, del quale è possibile comprendere la finalità generale concentrandosi sulla dedica che lo apre: a Destinity, Sandrine Bakayoko, Francis Miracle, Becky Moses, uccise dalla malaccoglienza, e a tutte le persone in lotta per la libertà.
È questo, in breve, il senso di questo lavoro, quello di ricordare che le migrazioni coinvolgono le persone, gli individui, l’umanità. Non sono una calamità né una disgrazia, ma sono parte dell’esperienza storica umana. E per questo non possono essere né criminalizzate né sfruttate, ma devono essere riconosciute per ciò che sono, come un fenomeno che richiede politiche, giustizia, rispetto e diritti.