Il Mediterraneo, con le crisi ed i traffici che lo attraversano, per una molteplicità di fattori gode di una ritrovata centralità in questo secondo decennio del XXI secolo, una condizione geopolitica che appare destinata a restare tale nel prossimo futuro. E l’Italia che in questo mare si protende e che nel Mediterraneo “allargato” ha individuato la propria sfera vitale d’azione e d’interesse è chiamata – troppo spesso controvoglia – a recitare un ruolo di primo piano in questa complessa partita geopolitica. Quali siano, però, gli obiettivi e gli spazi d’azione del Belpaese nel Mediterraneo non è sempre facile intuire, anche perché poco chiari appaiono – troppo spesso – agli stessi decisori politico-istituzionali.
Un modo originale per tentare di decifrare quel rebus mediterraneo che accompagna l’Italia, da prima ancora che il Belpaese diventasse stato unitario, è certamente lo studio del ruolo svolto dalla Marina, prima Regia poi semplicemente Militare. Ed è questa la linea interpretativa seguita da Alessandro Mazzetti nel suo “Marina Militare e geopolitica mondiale” edito per i tipi di Aracne. Lo storico navale salernitano concentra la sua attenzione sul periodo compreso tra il 1869 ed il 1924. Ovvero dalla nascita alla fine dell’Italia liberale. O, in altra prospettiva, dall’apertura del canale di Suez alla Conferenza di Roma del 1924, appuntamento che segue quello di Washington del 1921 in cui le potenze vincitrici della Grande Guerra si impegnano ad evitare una nuova corsa agli armamenti in campo navale.
Nel suo lavoro Mazzetti non si limita a cogliere gli effetti dello sviluppo della tecnologia in campo navale e militare, a ricostruire l’evoluzione dello scenario geopolitico o il complesso lavoro diplomatico che portò agli accordi di Washington, ad affrontare il tema del potere navale, ma individua – e soprattutto consente al lettore di individuare – alcuni elementi che possono essere considerati delle costanti lungo cui si sviluppano le linee d’azione di quelle che un tempo si chiamavano potenze, oggi attori internazionali. Ed è proprio quest’ultimo uno dei punti di forza del libro, in grado di offrire al lettore una chiave interpretativa per il presente. E non solo per quel che riguarda il Mediterraneo. Basti citare, a titolo d’esempio, la ricostruzione che fa Mazzetti degli equilibri geo-strategici nello scacchiere del Pacifico a cavallo tra il XIX ed il XX secolo: sono già tutti lì molti degli elementi che caratterizzano oggi il quadro geopolitico della regione.
La ricostruzione del ruolo svolto dalla Marina dall’Unità alla guerra di Libia, dalla Grande Guerra al raggiungimento dell’agognata – e temuta, per certi versi – parità navale con la Francia consente, poi, di focalizzare l’attenzione sul problema del divario tra le ambizioni mediterranee dell’Italia e gli investimenti che il Paese è in grado di effettuare nel settore navale. Un problema di grande attualità anche nel momento presente. Molto l’Italia ha investito in questi anni nel rinnovamento della Marina, ma avere una flotta non significa avere una politica navale. Per questo è necessario avere una visione di grande respiro, in grado di abbracciare non solo lo strumento militare, ma tutto il sistema infrastrutturale (politico, diplomatico e naturalmente produttivo) che ruota intorno al mare.