Se negli ultimi anni ci sono stati diversi casi di suicidi e tentati suicidi all’Università di Salerno, non ci si può sottrarre ad un’analisi che possa cercare un minimo comune denominatore tra singoli fatti legati da circostanze tragicamente ricorrenti.
Non è detto che ci sia un filo rosso, anzi forse non c’è, può trattarsi di una sequela di eventi che per il tempo ravvicinato e le modalità destano soltanto una forte impressione emotiva.
Eppure l’Università, non perché chiamata in causa, ha il dovere di interrogarsi e di provare a capire se esista o meno un reale disagio che accomuna gli studenti più fragili; un male di vivere che potrebbe avere le ragioni più disparate, che sfocia nella scelta di porre fine ad un’esistenza, proprio nel luogo che più di ogni altro simboleggia l’incontro tra le aspirazioni, i sogni e l’impegno di migliaia di giovani.
I drammatici episodi degli ultimi tempi hanno coinvolto studenti di diversi indirizzi, per lo più scientifici, una vita scandita da esami, prove rigide e pressanti; una selezione competitiva che richiede una forte tempra nervosa e psicologica, in un luogo che ha forme e architetture che sembrano quasi volere estremizzare il gravoso impegno richiesto.
Sono gli spazi interni che possono condizionare gli stati d’animo, lunghi corridoi, parcheggi che sembrano gironi infernali, tragitti che non consentono sollievo ma solo fretta, il grigio dominante e le aule dalle quali si scappa dopo un esame con umori agli estremi, grande soddisfazione o grande frustrazione.
Anche se ci si rifugia in biblioteca, da sempre luogo di decompressione per gli studenti, le frenesie e le ansie non cedono il passo. Spazi dilatati e tempi sempre più ristretti accompagnano il percorso di studio che, se attraversato da difficoltà, comincia a sembrare interminabile.
Un campus universitario risponde a logiche di razionalità e funzionalità ed efficienza, come se fosse un’impresa più che un topos di formazione culturale e trasmissione del sapere; lo studente più sensibile percepisce l’impressione di essere in un ingranaggio che richiede la capacità di adeguarsi in fretta, per non correre il rischio di finire stritolati.
Se tutto questo va a innestarsi su un disagio personale, profondo, autentico, che magari trae origine da tutt’altri motivi, il senso di smarrimento e di sconforto può prevalere e portare a scelte drammatiche.
La complessità di un luogo, fisica e figurata, è un elemento da non sottovalutare, quando fa da sfondo alle difficoltà di uno studente che non riesce a superare un momento critico e vede paralizzato il proprio percorso.
In una fase della vita delicatissima qual è quella del periodo di studi universitari, ogni momento importante è enfatizzato a dismisura; questo vale in particolare per gli insuccessi, con il loro carico di conseguenze.
Queste considerazioni potrebbero anche sembrare vane, ma in ogni caso l’università ha il dovere di elaborare degli strumenti che possano portare a una riflessione comune tra studenti e docenti e fornire un adeguato supporto psicologico a quei giovani che, per fragilità e ansie pressanti, rischiano di soccombere sotto il peso delle delusioni.