Misantropia
Ogni volta che parlava con un uomo si meravigliava del fatto che ci provasse.
Non che la cosa le importasse ma la trovava irritante.
“Sei troppo socievole – le dicevano le amiche – e questo ti rende disponibile”.
“Essere socievoli” era una necessità per vivere in maniera non disarmonica in mezzo agli altri, un fatto normale, non poteva diventare un richiamo sessuale.
Considerazioni, le sue, che trovavano muri di gomma, e che incrementavano la sua insofferenza nei confronti degli esseri umani.
Sia di sesso femminile sia di sesso maschile.
Il matrimonio
Non aveva mai fatto differenza tra uomini e donne, e ancora si stupiva del fatto che si dovesse sposare un uomo, per essere considerata una donna normale.
Al giorno del matrimonio ci era arrivata per caso, come con tutte le cose che la riguardavano, quando non ci stava a riflettere e si limitava a vivere.
I preparativi erano stati rapidi.
Semplici.
Pamela era scivolata nella nuova vita senza grossi problemi.
Del passato non aveva portato niente con sé.
Neppure le foto del matrimonio.
Erano rimaste a casa di sua madre.
Il matrimonio era stato rapido.
Tutti l’avevano ringraziata, sollevati per non essere stati rapiti e stritolati dalla grande macchina del “giorno più bello della vita”.
Del resto Pamela riusciva a fare sempre la cosa giusta, anche se il conformismo non era il suo forte.
Dissentiva.
Su tutto.
Gli uomini poi…
Ci passava troppo tempo insieme, per lavoro, per mettersi a flirtare, o peggio ancora per farne la raccolta delle figurine.
Il matrimonio aveva accentuato questa sua predisposizione, tanto più che la sua vita privata era totalmente inaccessibile agli altri.
Tutte cose che suo marito sapeva benissimo, e che gli impedivano di fare scenate quando gli uomini ci provavano con lei.
Per Pamela gli uomini erano solo una scocciatura, e in fondo che sua moglie fosse desiderata, ma irraggiungibile, era una ulteriore prova della sua assoluta unicità.
Eppure nonostante questo il matrimonio era naufragato.
L’invito a pranzo
Quando Alberto l’aveva riempita di attenzioni non se l’era sentita di rifiutare il suo invito a pranzo.
Si era presentato all’appuntamento vestito da marinaretto, e lì Pamela aveva subito capito di avere sbagliato a dirgli di sì.
Un senso di soffocamento la prese mentre si avviavano al ristorante, il più costoso della zona.
Le aveva fatto scegliere il tavolo, le aveva spostato la sedia, e una volta seduti aveva ordinato anche per lei.
Alberto ci stava provando, senza sospettare, minimamente, che la partita tra loro fosse già chiusa.
Pamela aveva applicato la sua regola.
Contare fino a dieci, osservare il mondo, quello che scorreva fuori, e in cui aveva fretta di rituffarsi, e sorridere.
Con le orecchie ascoltava le parole di Alberto, con la testa pensava agli uomini che aveva amato.
Al modo in cui si erano insinuati nella sua vita.
In maniera sottile, strisciante.
A come avessero continuato a esserci, dopo, quando l’amore era finito.
A lei piacevano i rapporti che si diluivano: l’amicizia, l’amore, il sesso e poi ancora l’amicizia.
È mentre Alberto continuava a proporsi, lei ripensò a quando aveva detto al suo amico Livio di come il suo lato maschile fosse, talmente, prevalente da non poter contemplare nessun rapporto, pure affettivo, con una donna.
Le piacevano gli uomini, le piaceva trascorrere il tempo con loro, da uomo però.
Era tutto lì il problema.
Non riusciva proprio a fare la gatta morta, il gioco e la familiarità prendevano sempre il sopravvento sulla seduzione.
Le donne invece la infastidivano, soprattutto quando cercavano una complicità impossibile per la sua libertà di pensiero, e che lei, come un uomo qualunque, rifiutava loro.
Livio era scoppiato a ridere, e le aveva detto: “Beata te, anche a me piacciono gli uomini, ma è stato un po’ più complicato.”
Pamela l’aveva guardato e gli aveva risposto sorridendo: “Credi?”
Il pranzo era terminato e Pamela neppure se ne era resa conto.
Alberto che brandiva la carta di credito, per pagare il conto, la riportò alla realtà.
Pamela capì che Alberto si era accorto del suo assoluto e totale disinteresse, eppure pensava di poterla ancora impressionare così.
Sorrise e pensò a quanto poco gli uomini conoscessero le donne.
Lei i conti se li pagava da sola, e pure il ristorante, soprattutto in una situazione del genere. Cosa ne poteva sapere Alberto? L’aveva portata a pranzo per affogare la solitudine, non certo per piacere vero.
Alberto capì che nemmeno avere pagato, senza guardare il conto, aveva smosso Pamela.
Come fosse stato folgorato da un’idea, che gli era sembrata geniale, tirò fuori dal portafoglio un fantasmagorico biglietto da visita, sorridendo, adesso lui, soddisfatto.
Era un biglietto da visita plastificato, colorato, con su macchine di lusso e yacht.
L’ultima carta da giocare insieme a un giro in barca.
Pamela aveva guardato, prima il biglietto e poi lui, adesso sì e con fermezza, e gli aveva detto: ”Mi basta una palafitta. Non ho altri desideri”.
A quel punto Alberto, pur di non darsi per vinto, aveva concluso:
“Non voglio più niente, voglio solo dialogo”.
Pamela aveva sorriso, per quella resa che aveva il sapore della svendita, si era alzata, aveva preso la borsa, e mentre si congedava, gli aveva risposto:
“Anch’io non voglio niente. È stato un piacere pranzare con te. Non lo dimenticherò.”
La smorfia di disappunto sul volto di Alberto non la preoccupò.
Di certo una donna da portare in barca l’avrebbe trovata, senza doverla forzare, come aveva fatto, senza risultato, con lei
Un anno dopo
– Pamela, lo sai che Alberto ha sposato Daniela? – le disse Lara, l’amica che le aveva presentato Alberto
– Lo vedi che gli ho fatto del bene? E voi sempre a dirmi che non capisco gli uomini.