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Home RUBRICHE Economia e finanza verde

Si può vivere senza meritocrazia?

di Gerardo Coppola
27 Giugno 2021
in Economia e finanza verde
Tempo di lettura: 3 minuti
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Si può vivere senza meritocrazia?
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Ad inizio 2021 è stato pubblicato il saggio di Roger Abravanel Aristocrazia 2.0, pagine 339 per le edizioni Solferino (€ 17). Studioso sensibile e avvertito, l’autore compie un lungo excursus sulle difficoltà della società italiana a dotarsi di una scala di criteri meritocratici per selezionare il capitale umano, indispensabile per progredire nel tempo e nello spazio. Al lettore che prova disagio a vivere nella complicata Italia di oggi, va detto che troverà conforto nella lettura dei capitoli del libro. Il capitale umano all’italiana si nutre e si alimenta con la meritocrazia delle carte bollate in luogo dei valori e della cultura della competizione e dell’ambizione. E’questa la tesi centrale che determina il capitalismo familista che non fa crescere le imprese globali lasciando le aziende famigliari italiane in un ecosistema malato. Ne derivano varie e diffuse inefficienze: dualismo Nord Sud, la riserva indiana del capitalismo di Stato, la finanza collusa dei salotti buoni, lo strapotere giudiziario e via di seguito. Vi è anche una ampia rassegna delle imprese che, secondo l’autore, sono fallite o hanno perso l’antico smalto di sviluppo per deficit di meritocrazia. Una vera ecatombe; la lista è davvero lunga ed è forse la parte più interessante di questo pamphlet: Fiat,Telecom, Generali, Benetton, per citarne solo alcune.

Nei capitoli finali, il mio interesse alla lettura aumenta perchè l’autore si concentra su 3 proposte (non 1000 egli avverte) per far nascere la meritocrazia e salvare l’economia post-COVID. Accattivante intendimento che ci può salvare dalle centinaia di consigli, interventi, ricette che i tanti policymaker ci propinano quotidianamente dai banchi del governo e dai talk show televisivi. Non credendo, giustamente visti i risultati, nello Stato imprenditore Abravanel propina uno Stato magnete di capitale intelligente, attraverso l’uso accorto dei fondi private equity, non cavallette ma investitori attivi da affiancare ai soci delle imprese che vanno bene. La riforma delle università appare imprescindibile per favorire la crescita delle conoscenze e del capitale umano. Infine, la più terribile delle riforme, quella che va a toccare il potere giudiziario.Il discorso si fa interessante perchè l’autore scardina il concetto di indipendenza della magistratura per assimilarlo all’autoreferenzialità che rende questo potere dello Stato non responsabile nei confronti del Parlamento, del Governo e dei cittadini. Sia detto per inciso, queste critiche, che reputo fondate, riguardano anche altre istituzioni che issano in ogni momento la bandiera dell’indipendenza.Da chi e da cosa non lo ho ancora capito, vista la loro natura pubblica.

Il rischio di un approccio del genere, non privo, ripeto, di spunti originali, è di trasformare le questioni meritocratiche in un enorme minestrone in cui ciascun lettore può aggiungere gli ingredienti che crede. Ne cito alcuni: il sorgere dello Stato unitario con enorme ritardo rispetto agli altri dell’Europa continentale,la diffusa dominazione straniera secolare ed atavica, la questione bancaria di cui non è fatto cenno, la tragica sequenza di morti ad opera di mafie e terrorismo che hanno falcidiato purtroppo chi provava ad opporsi al potere dell’establishment. Potrei continuare a sgranare il rosario dei nostri mali, ma a che serve ?

Credo che il problema sia molto più semplice e allo stesso tempo più complesso di quel che è raccontato nel libro. Uno storico inglese che ha dedicato la sua longeva vita di centenario allo studio dell’Italia, Denis Mack Smith, sosteneva che esistono due costanti dall’unità d’Italia ai nostri giorni: le crisi politiche sono tutte crisi extraparlamentari che favoriscono negoziazioni sottobanco beffando la sovranità popolare e l’elevato debito pubblico che, tranne pochi periodi, ci ha sempre accompagnato. Più complesso uscirne, dicevo, per quanto le 3 ricette di Abravanel siano condivisibili. Nel firmamento della nostra storia patria le due stelle comete del debito e del governo degli ottimati ci illuminano anche oggi, come non mai, e paradossalmente sono frutto di singolari negoziazioni (per il bene del paese) proprio tra i partiti che pure ci avevano illusi (il PD di Renzi e il movimento 5 Stelle) di poter cambiare il nostro paese. Siamo forse il paese piu’ meritocratico poiche’ chi ci governa e’ scelto per censo, merito, carriera e non con libere elezioni. Che altro desideriamo?

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