L’Italia è il secondo paese al mondo per decessi da coronavirus, come si spiega? «Si spiega in modo molto semplice con quello che ha detto l’Istituto superiore di sanità: soltanto il 2% dei decessi italiani è per il coronavirus, il 98% non lo è». È lapidario Giulio Tarro, virologo di fama mondiale, sull’emergenza nel Paese. E numeri alla mano, cerca di ridimensionare la grande paura. Una scossa di terrore che percorre tutta Italia, da nord a sud. «Inutile andare a cercare chissà che cosa – afferma-, quando abbiamo a che fare con pazienti che muoiono di tutto, tranne che di coronavirus»
Secondo lei siamo, quindi, di fronte ad un allarme esagerato?
Sicuramente sì. Tenga presente che se dovessimo fare il famoso tampone a tutti – oggi sono sopraggiunti anche nuovi test molto più veritieri sulla risposta dell’organismo al virus -, sapremmo che, facendo differenze tra contagiati e ricoverati, la mortalità scenderebbe di molto.
Ma allora come si spiega questa paura paralizzante in tutto il Paese?
Abbiamo un bollettino di guerra. Anziché dire cosa è successo e perché è successo, perché non hanno detto che, secondo i dati dell’Istituto superiore di sanità, il nostro Paese ha dimezzato i posti letti per la terapia intensiva, passati da 575 per 100.000 abitanti, a 275 attuali? Questo per una politica che ha sbagliato, a livello sanitario, dal 1997 al 2015. Ci si è messi in queste condizioni, come se venisse un terremoto e uno non sapesse cosa fare, perché non ha usato il cemento armato. E lo stesso vale nel nostro caso.
Insomma si poteva fare molto di più, guardandoci indietro. Può fare un esempio di questa nostra impreparazione alla valanga coronavirus?
Nemmeno quando è scoppiata l’epidemia attuale in Cina abbiamo fatto niente per raddoppiare i posti letto, come hanno fatto i francesi. Non è stato fatto niente. La Cina ha fatto tre ospedali in due settimane, noi stiamo ancora a fare distinzioni se dobbiamo soccorrere prima i giovani o gli anziani, che sono pieni di problemi. Abbiamo delle cose a livello non solo culturale, ma etico, proprio indecenti
Per lei il sistema sanitario della Campania come può reggere all’eventuale picco di contagiati?
Se guardiamo a Milano che è sempre stata il fiore all’occhiello della sanità italiana, ci sarebbe da mettersi le mani nei capelli. Noi dobbiamo sperare da una parte nell’ambiente, sicuramente l’ambiente è migliore e quindi contrario al virus. E soprattutto alle esperienze precedenti, in cui non abbiamo dato i numeri, nel senso che siamo riusciti a passare il colera, il male oscuro, la salmonellosi, l’inizio dell’Aids, e le varie influenze che si sono alternate, in cui a un certo punto abbiamo fatto più diagnosi degli altri, e quindi per questo avevamo più casi.
Professore, però all’inizio si diceva che il coronavirus era solo un’influenza stagionale, un malanno come altri. Non crede si sia esagerato un po’ anche nel sottovalutare il rischio?
Diciamo pure che l’anno scorso abbiamo avuto un’influenza per sei milioni di italiani, con 10.000 morti. Se l’Istituto superiore di sanità dice che praticamente il 98% dei morti sicuramente non muore per il coronavirus, c’è stato un concentrato di pazienti che hanno bisogno di terapie intensive, che ha fatto scoppiare il problema sanitario.
Ma tutto questo quanto durerà?
Dobbiamo avere l’esperienza commisurata altrove. In Cina è iniziata a novembre-dicembre, ed è stata comunicata ufficialmente il 31 dicembre dall’Organizzazione mondiale della sanità. Abbiamo avuto un picco sicuramente che è stato a gennaio, sempre a crescere, e a febbraio. Poi è cominciata a scendere, e ora in Cina l’epidemia non c’è più. Perché noi dovremmo avere un aspetto diverso?
Ce lo dica lei.
Se noi vogliamo conteggiare tutti i necrologi sotto l’etichetta coronavirus, allora non finirà mai.
E per il vaccino, che tempi si aspetta?
Dobbiamo considerare che per la prima Sars il vaccino non è stato fatto. Abbiamo anche quell’altra Sars del medio oriente, in cui non è stato preparato un vaccino, ma sono stati utilizzati gli stessi anticorpi dei soggetti guariti, per andare incontro ai colpiti dalla malattia, visto che quello aveva un’alta percentuale di mortalità. Ora speriamo che arrivi per questo virus, che si sparge molto velocemente. Però dobbiamo aspettare i tempi tecnici, se non è pronto significa che ci sono tempi tecnici.
E quali sono i tempi tecnici?
Secondo l’Oms i tempi tecnici vanno da 12 a 18 mesi, quindi sarà per la prossima stagione. Come succede per i virus influenzali.
Senta, per finire: di tutto quanto si dice sul coronavirus, quale ritiene la più grande delle fake news?
Proprio questo fatto della mortalità così alta.
(Tratto da Il Quotidiano del Sud di Salerno-L’ALTRAVOCE della tua Città)