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Home CULTURA & SOCIETÀ In scena

The Irishman, Scorsese e la magia del doppio binario

di Rosaria Fortuna
16 Dicembre 2019
in In scena
Tempo di lettura: 3 minuti
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The Irishman, Scorsese e la magia del doppio binario
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 “The Irishman” il nuovo film di Martin Scorsese, adattamento cinematografico del libro/ documento del 2004, di Charles Brandt: “L’irlandese. Ho ucciso Jimmy Hoffa”, libro/documento sulla vita di Frank Sheeran, rieditato da Fazi, nel 2019, con il titolo “The Irishman”, ha provocato  non poche polemiche a causa della scelta di fare viaggiare il film su due binari: le sale cinematografiche e Netflix, dando a Netflix il potere maggiore, ma ormai le polemiche con Netflix sono diventate parte dello spettacolo cinematografico da un po’ di tempo.
Ma vediamo cosa è  accaduto.
“The Irishman” è per metà distribuito da Netflix, e su Netflix è possibile vederlo dal 27 novembre, una situazione che comporta un riassetto del modo di fruire dei film e tocca un nervo scoperto: l’esistenza e la sussistenza delle sale cinematografiche nell’epoca dello streaming.
Solo che Martin Scorsese ha, nel mentre, rivendicato il potere del cinema “tradizionale”, quello che si avvale di storie, di attori, rispetto a quello fa un uso smodato della tecnologia e dei supereroi, a discapito anche del testo. Le storie, oggi, a cinema sono per lo più rabberciate, un problema che, al contrario, i prodotti creati per Netflix non sembrano avere, e questi malumori potrebbero penalizzare “The Irishman” per la Notte degli Oscar, ma figura tra i film in corsa per i Golden Globe, e quindi l’ascia di guerra è stata sepolta, in parte.
Nei fatti ambedue le polemiche risultano sterili perché se la storia in “The Irishman”  è importante non meno importante è il lavoro digitale portato avanti dal regista italo-americano nel film.
Un esempio su tutti le diverse età cinematografiche dei protagonisti, età che grazie alla tecnologia hanno permesso agli attori di andare avanti e indietro nel tempo, in assoluta coerenza con la costruzione della storia, anche se in verità il tempo che avanza non può essere nascosto nemmeno con il digitale.
Martin Scorsese ha dunque fiutato solamente l’aria e avendo in testa, da sempre, Sergio Leone e il suo “Once Upon A Time in America”, girato in inglese per altro, ha chiuso in bellezza un ciclo cinematografico con “The Irishman”.
Ben consapevole di avere la possibilità di dare al suo film una popolarità più ampia, ha deciso che Netflix fosse il posto giusto per farlo vivere, e anche fluttuare, consacrandolo così a qualcosa di ben più solido della poltrona di un cinema, ma dimostrando ancora una volta come il cinema sia un’arte contemporanea che deve tenere conto del presente ma anche del passato, pena la sua morte.
È evidente che nemmeno gli è sfuggito che oltre a doversi misurare con i suoi lavori precedenti e con Sergio Leone, doveva fare i conti anche con tutto ciò che era stato prodotto sull’argomento, e il cast di attori a sua disposizione è quello esatto per operare nel senso che lui voleva dare alla storia, una storia che fosse destinata a essere il tassello mancante, e più letterario, della grande storia criminale che è parte dell’America, fin dalle fondamenta, e che è il piccolo mondo antico dell’Occidente.
Un’ulteriore precisazione riguarda Anna Pequin, la figlia di De Niro/Sheeran, che benché sia un’attrice di pari calibro di Al Pacino, Robert De Niro, Joe Pesci, Harvey Keitel, non ha diritto di parola nel film se non per pochi minuti. E come potrebbe? Il film è un flashback lunghissimo che abbraccia la vita di De Niro/Sheeran, i suoi rimpianti e il peso dell’allontanamento di una figlia dal padre, rivelatesi un criminale , non poteva essere raccontato se non attraverso l’assenza di suono.
E poi le storie di cattivi e di potere sono storie di uomini, metterlo in luce non vuol dire fare un torto alle donne, semmai vuol dire proprio farle camminare su un’altra strada, nel mentre, nella realtà, di donne con la pistola ce ne sono un gran numero e non sono di certo Monica Vitti.
Il finale del film invece ci riporta a Sergio Leone e al sogno di Noodles/Sheeran solo che questa volta Martin Scorsese, a differenza di Sergio Leone, fa entrare uno spiraglio di luce nella stanza in cui si trova Robert De Niro, non più giovane, ma lucido e senza oppio, chiudendo per sempre una parabola di vita non solo cinematografica e non solo sua e del suo sodale e amico Robert De Niro ma anche nostra.
“That’s Hollywood, baby!” niente altro che questo, e questo anche la Marvel dovrebbe saperlo.
* Francis Joseph Sheeran è stato un sindacalista e mafioso americano soprannominato” The Irishman”. Fu il tramite tra Jimmy Hoffa e Cosa Nostra, nonché il suo assassino, come dichiarò, poco prima di morire nel 2003, a Charles Brandt che raccolse le sue memorie e le trasformò in un libro/saggio.
THE IRISHMAN di Martin Scorsese. Interpreti e personaggi principali: Robert De Niro (Frank Sheeran, «L’irlandese»), Al Pacino (Jimmy Hoffa), Joe Pesci (Russell Bufalino), Harvey Keitel (Angelo Bruno), Anna Paquin (Peggy Sheeran), sceneggiatura di Steven Zaillian. Drammatico, USA, 2019. Durata: 210 minuti. 
Tags: Teatro
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