A molti il nome di Domenico Castorina potrebbe non dire niente o ben poco. Nato a Catania agli inizi dell’Ottocento, lo scrittore (in prosa e in versi) è solitamente ricordato dagli studiosi di letteratura italiana tra i ‘minori’ del Romanticismo italiano, citato tra le letture giovanili del suo conterraneo Giovanni Verga e segnalato soprattutto per due romanzi: “I tre alla difesa di Torino nel 1706” del 1847 e “Masaniello”, selezionato nella silloge “Tradizioni italiane per la prima volta raccolte in ciascuna provincia dell’Italia per cura di rinomati scrittori italiani”, risalente al 1849 e curata da Angelo Bofferio. Dalla versione a stampa di questo volume il “Masaniello” di Castorina viene adesso riproposto come primo titolo della collana “Terra mia” della “Langella Edizioni” di Napoli, accompagnato da una lunga e puntuale nota introduttiva di Aurelio Musi. Ed è proprio Musi, nella sua prefazione, a sostenere le ragioni che hanno portato alla realizzazione della nuova proposta editoriale: “ripubblicarlo oggi significa offrire ai lettori un prodotto che, se adeguatamente storicizzato, consente di comprenderlo come rappresentazione particolarmente significativa del patriottismo italiano dell’Ottocento. Esso aveva bisogno di costruire l’unificazione del paese su miti positivi e negativi di fondazione dell’identità italiana. Uno dei miti positivi fu Masaniello col suo carisma, col suo percorso da umile popolano a leader, con la sua. integrità morale, col suo equilibrio politico, con la sua carica contagiosa di amor patrio. Uno dei miti negativi fu l’antispagnolismo, identificato con l’opposizione all’oppressore austriaco: un anacronismo storico, ben si intende, ma capace di scaldare i cuori e di far leva anche sui sentimenti per fondare politicamente il trinomio patria-nazione-libertà”.
Tocca, dunque, alla penna del “genio mancato, ovvero il cattivo maestro di Giovanni Verga” (Piero Meli così ha definito Castorina) il racconto romanzato di una figura che, per tutto l’Ottocento, fu spessissimo contesa da autori, italiani e stranieri, di testi narrativi (prevalentemente con una connotazione storica) o di opere musicate. Il personaggio di Masaniello rappresentava, infatti, la ‘sagoma’ letteraria perfetta per chi volesse cimentarsi nella narrazione dell’eroe risorgimentale; nelle sue fattezze si riconosceva il giusto ‘profilo’ culturale del patriota popolare; con le sue gesta agiva il popolano capace di mettersi contro lo straniero per l’indipendenza della sua gente e della sua terra. “Tommaso Aniello, o, come detto da altri Anello o Agnello, da Amalfi, secondo alcuni, da Sorrento appo altri, e volgarmente chiamato Masaniello, tenente sul capo una piccola barretta bianca con suvvi un fiocchetto di fli all’uso napolitano, avente un giustacuore che, aprendosi sul di lui seno, ricevea le svolte della camicia di grossa tela, e mostrava denudato all’occhio gran parte del petto, con una di quelle fisionomie decise ed ardite, con due grandi occhi briosi, e due baffi e rivolti in su, e una mosca sotto il labbro inferiore divisa in mezzo, attrasse siffattamente l’attenzione a se, che ben si vide palese esser lui l’eletto del popolo, il figlio e l’eroe della plebe, il salvator della patria, l’antesignano della napoletana, indipendenza”.