Vittorio Cuculo è un sassofonista romano di 28 anni che si laurea, in sassofono jazz, appunto nell’ottobre di cinque anni fa alla ‘Siena Jazz University’. Ottiene, così, il ‘passi’ per il triennio di primo livello e nel marzo dello scorso anno, supera brillantemente il biennio jazz di secondo livello presso il ‘Conservatorio S. Cecilia di Roma’.
Come tutti i musicisti, attraversa il triste periodo della Pandemia e questo (come accaduto a tutto il mondo della musica ed al suo indotto), coinvolge tutto il mondo dell’arte e le attività produttive. Economia ferma. Non pochi sono stati i problemi durante i diversi periodi di lockdown e chiusure forzate.
«Devo dire che questo flagello ha colpito un po’ tutti … sia dal punto di vista fisico che economico, oltre a crear danni all’economia nazionale. Diversi miei colleghi musicisti hanno subìto molto il momento lunghissimo che il virus ha posto in essere. Questa forma di depressione ha certamente influito anche nella creazione di nuovi brani, anche se ognuno, poi, ha reagito in maniera differente. C’è chi è rimasto bloccato … limitandosi allo studio dello strumento o degli strumenti … mentre c’è stato chi ha cercato di approfittarne per rilassarsi e studiare con determinazione, cercando nuovi sound e nuove soluzioni. Non poteva che essere così. Per quanto mi riguarda, ho attraversato il disastroso evento studiando, pensando molto sulle mie esperienze pregresse ed ho concluso i miei cicli di studi accademici. In più ho verificato quanto possa essere importante restare uniti, creare un proficuo lavoro di team, oltre a puntare sulle relazioni umane.»
Bene, Vittorio Cuculo, indicatomi dal ‘Jazz Agent’ Rosario Moreno, fondatore della ‘BlueArt Management’, per ben tre anni fa parte, insolitamente nelle vesti di percussionista, della ‘JuniOrchestra’, ensemble giovanile dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia di Roma. Sei un jazzista già affermato e molto gradito al popolo delle note nobili. Parlaci del tuo ultimo lavoro ‘Ensemble’ e della tua attrazione fatale per il jazz.
«Grazie per le parole di stima … ma cerco di fare il mio meglio. Comincio col dire che in casa (ho anche un fratello violinista), è sempre circolata musica: dalla classica al jazz . Come sono arrivato al sassofono? Beh, passando per la batteria e le percussioni classiche. Ho, invero, anche studiato la marimba sino ad usare 2 battenti per ciascuna mano. Poi un giorno, da mio padre ho sentito in un disco il sax di Charlie Parker ed è stata quasi una folgorazione. Da quel momento in poi ho pensato solo al sax e a voler suonare jazz. Per quello che riguarda il mio secondo lavoro discografico, ‘Ensemble’, l’idea nasce un po’ per caso e un po’ perché riflettevo su quello che avevo fatto nel mio primo lavoro discografico ‘Between’. La sorte ha voluto che incontrassi una formazione di sassofoni, la ‘Filarmonica Sabina Foronovana’, con la quale ho avuto modo di registrare dal vivo, da solo senza il mio quartetto, una versione personalizzata dei classico ‘My Funny Valentine’. Da questo primo incontro è nata la spinta per una collaborazione più approfondita. Sentivo il bisogno di sviluppare la tematica dell’incontro e quindi si è fatto largo l’idea di un nuovo progetto artistico che mettesse in evidenza l’aspetto comunitario del fare musica, una dimensione che in ‘Between’ era stata indicata come dialogo tra le diverse generazioni, quella di giovani musicisti come me, Danilo Blaiotta ed Enrico Mianulli, con quella della storica generazione del Jazz di Gegè Munari. La presenza di musicisti variegati e diversi, di grande esperienza come Gegè Munari e di importanti arrangiatori come Roberto Spadoni, Mario Corvini, Massimo Valentini e Riccardo Nebbiosi, si è rivelata una carta vincente per la buona riuscita del lavoro.»
Nel corso della sua vita professionale ha collaborato con grossi nomi: Gegè Munari (batterista molto apprezzato nell’ambiente jazz che ha accompagnato alcuni tra i maggiori protagonisti della scena musicale internazionale: Mary Lou Williams, Jon Hendriks, Dizzy Reece, Johnny Griffin, Dexter Gordon, ed il grande Chet Baker), Stefano Di Battista (del quale è inutile dire), Paolo Damiani (importante contrabbassista della scena jazz), Enrico Pieranunzi (altro mostro sacro del jazz internazionale, Mario Corvini (Trombonista, compositore ed arrangiatore), Claudio Corvini (importante trombettista), Franco Piana (uno dei più importanti musicisti jazz della scena italiana, noto sia come trombettista-flicornista, che come arrangiatore e compositore), il grande Fabrizio Bosso, Joy Garrison (cantante newyorkese, figlia d’arte di Jimmy Garrison contrabbassista di Coltrane, si è esibita nei più prestigiosi di Manhattan), Fabrizio Aiello (Docente del Corso di Percussioni e ha collaborato con Karl Potter), il famoso chitarrista Rocco Zifarelli, Giorgio Rosciglione (contrabbassista storico del jazz nazionale), e con tantissimi altri grandi nomi. Davvero grossi nomi. Vittorio Cuculo frequenta, poi, i seminari di ‘Nuoro Jazz’, ‘Otranto Jazz’, ‘Orsara Jazz’, aggiudicandosi diverse borse di studio, tra le quali quella della ‘Berklee College of Music’ (Boston.) Fa parte della ‘New Talent Jazz Orchestra’ diretta da Mario Corvini, orchestra residente all’Auditorium ‘Parco della Musica’ di Roma, con la quale registra anche un lavoro discografico. Suona in quartetto al ‘Festival di Varsavia’ e alla ‘Casa del Jazz di Roma’. Con il ‘Siena Jazz 5tet’ prende parte al Contest internazionale di Amsterdam, arrivando in finale. Nel 2019, registra, con il proprio ‘Vittorio Cuculo Jazz Quartet (feat. Gegè Munari)’, il suo primo progetto discografico per AlfaMusic di Roma: ‘Between’. Nello stesso anno partecipa al ‘Contest Internazionale Jazz Johnny Raducanu’ (Romania), vincendo il premio come miglior solista strumentale. L’anno successivo è finalista del premio internazionale ‘Massimo Urbani’ e sempre nello stesso anno gli viene assegnato, al ‘Tuscia in Jazz Festival’ il premio European Jazz Award. Nello scorso anno, nel mese di settembre, esce il suo secondo lavoro discografico: ‘Ensemble’ pel la ‘Wow Records’. Il disco viene presentato, a dicembre 2021, alla ‘Casa del Jazz di Roma’ ed 19 gennaio 2022 all’Alexanderplatz Jazz Club di Roma. Il disco ‘Ensamble’ disponibile anche su YouTube e su Spotify, ha visto la collaborazione di Danilo Blaiotta (pianoforte), Enrico Mianulli (contrabbasso), Gegè Munari (batteria), I sassofoni della Filarmonica Sabina Foronovana, Lucia Filaci (voce), Dimitri Fabrizi (marimba), Roberto Spadoni (chitarra). Qui le note di copertina sono state curate da Paolo Fresu, Stefano Di Battista, ed Eugenio Rubei.
Da quest’anno è sul mercato il singolo del ‘Vittorio Cuculo Quartet, feat Gegè Munari’ per la compilation ‘Italian Jazz Night & Guest’, prodotto dalla ‘Diva’s Music Production Label’. Puoi dire cos’è che vuoi trasmettere all’ascoltatore con i tuo ultimo lavoro (Ensamble) e quali sono stati i passaggi fondamentali nel creare ‘Ensemble?
«Ensemble, come suggerisce la parola stessa, è caratterizzato da uno spirito di incontro, un incontro tra generazioni ed esperienze diverse, tra generi e stili musicali anch’essi diversi. Vuole mettere in risalto la dimensione del noi e cioè passa il concetto che la musica unisce e che si fa insieme. E mai come oggi, questo, è molto importante. Ensemble è anche l’idea che il senso di appartenenza ad un organismo più grande (in questo caso il Jazz), che deve essere recuperato e rinvigorito, dandogli acqua e linfa, così come si usa fare con una pianta, per farla crescere bella e robusta. È un lavoro discografico che vede il mio quartetto dialogare con la piccola orchestra di sassofoni della ‘Filarmonica Sabina Foronovana’. Un piccolo organico, ben amalgamato … sin dal primo tratto di strada fatto insieme e con il quale ci si confronta, ci si integra e ci si differenzia (quando occorre), da un organismo strumentale più grande. Anche la composizione del quartetto asseconda questo spirito di incontro, pur nella differenza delle singole esperienze maturate. Abbiamo lavorato confrontandoci continuamente: i brani scelti per il disco sono stati selezionati secondo il nostro gusto e in base anche alla particolare situazione sonora, ma comunque pensati e studiati in ogni dettaglio. Ne è venuta fuori una interazione particolare, ad oggi poco frequentata, con il quartetto, la voce e l’insieme di sassofoni».
Quali sono gli artisti cui hai fatto riferimento … quale sassofonista ti ha ispirato di più?
«I musicisti che mi hanno influenzato maggiormente e ai quali guardo con più attenzione sono i grandi del jazz, dai quali non si può prescindere, e sassofonisti come Parker, Coltrane, Cannonball, sono per me punti di riferimento. Mentre tra i tanti più moderni, più vicini temporalmente a noi, Joshua Redman, Kenny Garrett. Tra gli italiani … senz’altro Stefano Di Battista.»
Per il prossimo futuro hai in mente di girare in tournèe per proporre il tuo disco o magari qualcosa di nuovo?
«Questo secondo lavoro discografico è stato proposto e suonato in varie occasioni, anche se con l’organico al completo solo nello storico ‘Alexanderplatz’. Mi fa piacere ricordare che sulla bontà del progetto, nelle note di copertina, si sono espresse figure importanti del Jazz, Paolo Fresu, Stefano Di Battista ed Eugenio Rubei. Progetti per il futuro ve ne sono, ho già in mente un’idea da sviluppare per un prossimo lavoro, il seme dell’idea è già presente, ci devo lavorare in termini di realizzazione pratica ed organizzativa.»